IL PACIFICO RENDE I CETACEI “PERSONE GIURIDICHE” PER PROTEGGERLI

Coesistere, secondo l’Enciclopedia Treccani, significa esistere insieme ad altri, è il manifestarsi contemporaneo di realtà che abbiano fra loro qualche relazione.

Lo sanno bene le popolazioni indigene del Pacifico delle Isole Cook, Polinesia francese, Aotearoa (Nuova Zelanda) e Tonga che il mese scorso, hanno firmato a Rarotonga - la più grande fra le Isole Cook - uno storico trattato intitolato “He Whakaputanga Moana”, traducibile come Dichiarazione sull’Oceano dei Maori.

Il trattato riconosce delfini, balene e alcune specie in via d’estinzione o vulnerabili, come “persone giuridiche” al fine di proteggerle e garantirne la sopravvivenza in quanto animali dall’antica sacralità e importanti guide nello sviluppo del sistema di navigazione Maori nel corso dei secoli. 

Tale azione di tutela transnazionale ha lo scopo, tra gli altri, di sensibilizzare, fare pressione e fungere da esempio comportamentale e di giustizia ambientale, per quei Governi ancora fermi di fronte allo sterminio condotto sui giganti degli oceani. 

Con lo status di “persone giuridiche”, la legge finalmente conferisce ai cetacei determinati diritti legali, sanzionando chi li ferisce. La legislazione, sostenuta da un fondo di cento milioni di dollari, si basa su tre principi: monitoraggio, sanzioni e assicurazione. Attraverso il monitoraggio si tracceranno gli spostamenti degli animali con sensori acustici e visivi che dovrebbero evitarne l’impatto con lo scafo o le eliche; nel caso in cui l’animale venisse comunque colpito, l’imbarcazione sarebbe tenuta a pagare una multa la cui spesa si baserà sulla gravità del danno provocato. La sanzione potrebbe essere anche molto salata, dato che secondo le stime una sola balena ha un valore di circa 2 milioni di dollari per via della CO2 che assorbe, motivo per cui le compagnie assicurative suggeriscono alle navi di dotarsi di apparecchi di monitoraggio anti-collisione. Ma questi provvedimenti basteranno a salvare le cosiddette tohorā?

Purtroppo non è possibile garantire il successo di tali misure a causa dell’enorme impatto antropico sugli ecosistemi marini e, di conseguenza, sulle specie animali che li abitano, anche perché gli animali acquatici non hanno confini nazionali. 

L’effetto negativo del passaggio dell’uomo si manifesta in molti modi, a partire dalla caccia alle balene per fini commerciali, pratica crudele inspiegabilmente ancora diffusa in vari Paesi del pianeta come Islanda, Giappone e Norvegia, nonostante sia stata vietata dalla Commissione baleniera Internazionale del 1986; passando per i metodi di pesca distruttivi come reti illegali, reti fantasma e overfishing, per non parlare di vecchi riti e pratiche culturali secondo i quali prelevare e mangiare parti del corpo di determinati pesci aumentino la virilità o caccino via la sventura.

Inoltre, non possiamo non citare fenomeni distruttivi come il deep-sea mining, il cambiamento climatico, l’innalzamento delle temperature, le numerose collisioni accidentali dei mammiferi con le grandi navi e, per ultimo ma non meno importante, l’inquinamento acustico, prodotto dai traffici marittimi, dalla ricerca di giacimenti petroliferi sui fondali marini, dalle esercitazioni missilistiche militari, causa di numerosi spiaggiamenti di massa e di gravi danni all’ecosistema sommerso fino alla scomparsa delle specie.

Per tali motivi, l’applicazione del trattato sull’Oceano dei Maori potrebbe essere decisivo e incisivo a livello globale, nel caso in cui i Governi dei paesi occidentali svegliassero le loro coscienze mettendo fine alle atrocità ingiustificabili tutt’oggi commesse dagli stessi Paesi che si definiscono sviluppati. È necessario riuscire ad allineare le varie politiche in termini di protezione dei giganti del blu.  

Le Isole del Pacifico hanno fatto la loro parte, aprendo gli occhi a tutto il mondo verso un futuro equilibrato, fatto di giustizia ambientale e sociale, ricordandoci l’importanza di pensare alla nostra presenza su questa Terra, in termini di coesistenza, concetto profondo e diverso da ciò che rappresenta la mera convivenza. 

Come se ciò non bastasse, ci stupirà scoprire che non siamo poi così diversi dai cetacei: siamo entrambi mammiferi, trasmettiamo cultura ai nostri figli a cui diamo dei nomi per identificarli in mezzo agli altri e amiamo divertirci, vivere a stretto contatto con la famiglia, cantare, comunicare, ma soprattutto, proviamo empatia e questa capacità “può nascere solo dalla comprensione”, secondo il biologo e documentarista Tom Mustill.

Inoltre, le balene sono fondamentali alleate contro il cambiamento climatico, basti pensare che un solo esemplare di balenottera comune assorbe, nel corso della sua vita, una quantità di CO2 dall’atmosfera pari a quella di 1500 alberi e che, attraverso la defecazione svolta all’interno della colonna d’acqua, questi giganti gentili concimano gli oceani nutrendo il fitoplancton, organismi microscopici che a loro volta producono ossigeno e catturano anidride carbonica.

Grazie a questo circolo virtuoso, fatto di equilibri incredibilmente funzionali quanto fragili, dagli habitat marini arrivano efficienti soluzioni ai problemi generati dalla nostra specie.

È questo il momento storico ideale per iniziare ad agire osservando e mettendo in pratica i semplici suggerimenti indicati dalla natura. 

2024-05-10T08:37:00Z dg43tfdfdgfd