PARALIZZATO TORNA A CAMMINARE GRAZIE AL “PONTE DIGITALE” TRA CERVELLO E MIDOLLO

Una delle più grandi sfide della medicina moderna è quella di restituire la possibilità di movimento a chi è paralizzato, oggi grazie ai risultati pubblicati da un team di ricerca svizzero sembra che questa sfida non sia più così impossibile. La storia è quella di un ragazzo olandese, Gert-Jan Oskamdi, di 40 anni che da più di 10 anni è bloccato a letto da una lesione spinale causata da un incidente in bicicletta. Grazie al lavoro del team del professor Grégoire Courtine del politecnico federale di Losanna, Gert è tornato a camminare. A seguito di un trauma il midollo spinale di Gert è stato danneggiato causando la paralisi dei quattro arti e rendendolo quindi tetraplegico, il danno al midollo spinale ha bloccato la comunicazione tra il cervello e gli arti.

Il midollo spinale è una parte fondamentale del sistema nervoso centrale che trasporta segnali tra il cervello e il resto del corpo. Quando si verifica un trauma al midollo spinale, come ad esempio una lesione causata da un incidente automobilistico o una caduta, possono verificarsi danni significativi ai tessuti e alle cellule nervose presenti nel midollo spinale. Questo può portare a una varietà di sintomi, inclusa la paralisi. A oggi non esistono terapie o strategie che possono riparare completamente una lesione spinale che viene tendenzialmente considerata irreversibile.

Il team svizzero è riuscito a risolvere il problema della comunicazione interrotta con uno strumento che collega il cervello alla spina dorsale cioè una Brain Spine Interface (BSI). Gli elementi principali di questa innovazione sono due; un sensore applicato nel cervello che serve a captare i segnali elettrici che Gert produce quando “pensa” di alzarsi in piedi, e poi un “ponte” elettronico che trasporta questi segnali elettrici ai muscoli target.

Nel cervello di Gert sono stati inseriti 64 sensori nell’area in cui si genera il pensiero del movimento, quando Gert pensa e decide di camminare si generano dei segnali elettrici che vengono captati dai sensori. Il segnale elettrico captato dal cervello viene inviato direttamente all’unità di processamento dove un complesso algoritmo di intelligenza artificiale lo interpreta e lo smista verso la zona del midollo spinale interessato. Il risultato è che Gert riesce con il pensiero ad attivare i propri muscoli delle gambe, un’azione scontata per un normodotato ma per lui impossibile negli ultimi 10 anni.

Uno degli elementi più straordinari di questa storia è che Gert dopo 40 sessioni di utilizzo del BSI è riuscito a controllare parzialmente i muscoli della gamba nonostante il dispositivo fosse spento. In pratica l’uso del dispositivo ha rigenerato parte delle connessioni neurali perse dopo l’incidente quindi l’interfaccia sarà fondamentale anche nei processi riabilitativi. Il team dell’istituto federale svizzero non è l’unico che sta lavorando su questa tecnologia infatti recentemente l’azienda americana Neuralink co-fondata da Elon Musk ha ricevuto la luce verde dalla FDA americana per un trial clinico di fase 1 dove si testa un dispositivo di controllo neurale.

Questi dispositivi promettono di captare, interpretare e attuare il pensiero di persone paralizzate in seguito ad incidenti ma anche a causa di malattie degenerative. Oggi la tecnologia è ancora molto embrionale e per Gert ci sono voluti mesi di test, sperimentazione e riabilitazione per raggiungere il risultato che vediamo oggi ma indubbiamente nei prossimi anni vedremo sempre più storie come la sua.

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