TALASSEMIA: CAUSE, SINTOMI, PORTATORE SANO, ZONE IN CUI è PIù DIFFUSA, CURE DISPONIBILI

Da anni la Fondazione Franco e Piera Cutino Onlus è al fianco dei pazienti con talassemia, al fine di migliorare sensibilmente la qualità della loro vita. Uno degli obiettivi maggiormente perseguiti è quello di sensibilizzare la popolazione su modalità di prevenzione, opportunità presenti per contrastare la patologia e terapie in via di sperimentazione. Per questo motivo la Giornata Mondiale della talassemia sarà accompagnata, per tutto il mese di maggio, da alcune preziose iniziative.

Talassemia: le iniziative di maggio 2024

Tra le iniziative proposte dalla Fondazione Franco e Piera Cutino Onlus ci sono i talk online, condotti da Sergio Mangano, responsabile della Comunicazione. Negli incontri, in programma tutti i venerdì del mese alle ore 18 sui canali social della Fondazione, si parla di ricerca scientifica e terapie innovative, si intavola un dialogo con clinici e pazienti di vari Centri di riferimento, si affrontano paure comuni, ci si domanda come possa migliorare la qualità della vita dei pazienti.

Oltre ai talk online, l’11 maggio la Fondazione sarà presente all’Expo Comics & Games (padiglione 21 della Fiera del Mediterraneo, Palermo) con uno stand informativo. Grazie a una partnership, la Scuola di fumetto del capoluogo siciliano devolverà il ricavato della vendita di disegni e illustrazioni proprio alla Fondazione.

Il 16 maggio sarà la volta, invece, della cena dei grandi chef “A lume di stelle” organizzata da Mag, Master Academy Antonino Galvagno. La serata, che si terrà ai Giardini del Massimo, vedrà protagonisti grandi nomi della cucina e della pasticceria. Una parte del ricavato della cena servirà ad acquistare due tablet sanitari per il Campus di Ematologia “Cutino”. A chiudere il calendario, una cena di raccolta fondi organizzata dalla Fondazione per il 25 maggio al San Paolo Palace Hotel di Palermo.

Che cos’è la talassemia?

L’emoglobina è una molecola contenuta nei globuli rossi che trasporta l’ossigeno verso tutti i tessuti, gli organi e i muscoli dell’organismo. È formata da due proteine: l’alfa globulina e la beta globulina. Quando una di queste due possiede geni “difettosi” si verifica un’anomalia, che provoca la distruzione dei globuli rossi e favorisce l’insorgere di un’anemia cronica. In presenza di queste condizioni si parla di talassemia, il cui nome nasce dall’unione delle due parole greche “thàlassa” (mare) e “haîma” (sangue), a sottolineare la sua diffusione soprattutto nelle aree affacciate sul Mar Mediterraneo.

Perché ci sono più pazienti talassemici in alcune zone d’Italia rispetto ad altre?

Se il difetto genetico colpisce l’alfa globulina allora si parla di alfa talassemia, più frequente nel Nord Africa e nel Medio Oriente. Se l’errore genetico è a carico della beta globulina si ha la beta talassemia (o anemia mediterranea), più comune in Grecia, nelle regioni costiere turche, nelle isole come Malta e Corsica e in Italia.

«Nel nostro Paese sono circa 7000 i pazienti talassemici, distribuiti soprattutto tra Sicilia, Sardegna, Delta del Po, Liguria e alcune regioni del Sud» spiega Mangano. «La presenza della malattia in determinate aree geografiche trova spiegazione nel fatto che queste sono sempre state storicamente zone acquitrinose e infestate dalla malaria. Nei talassemici l’anomalia genetica ostacola la riproduzione del microorganismo parassita che causa la malaria, rendendo automaticamente i pazienti più resistenti a questa malattia infettiva. Ciò ha portato, nel corso degli anni, a favorire l’insediamento delle persone con talassemia in determinate regioni italiane» continua il dottore.

Come si trasmette?

L’unico modo per contrarre la talassemia è ereditare uno o più geni difettosi dai propri genitori. «Nel caso della beta talassemia, che come abbiamo visto è la forma più diffusa nella nostra penisola, sono solo due i geni coinvolti. Si ottengono uno dalla madre e uno dal padre» conferma Mangano. «Se uno solo dei due geni è affetto dall’errore, il nascituro svilupperà una talassemia minor, generalmente asintomatica, e dunque sarà un portatore sano della patologia. Se entrambi i geni sono difettosi allora il piccolo andrà incontro a talassemia major (o morbo di Cooley), che è la forma più grave e invalidante».

Cosa significa essere portatori sani di talassemia?

Chi è portatore sano gode di buona salute, tanto da non sapere spesso di esserne colpito. Tuttavia, l’unione con un partner anch’esso portatore sano potrebbe comportare un 25% di possibilità di trasmettere entrambi i geni difettosi e dare alla luce un figlio con talassemia major. Nel 50% dei casi, invece, il nascituro potrebbe ereditare un solo gene danneggiato ed essere, a sua volta, portatore sano della malattia. Infine, nel restante 25% dei casi il piccolo potrebbe non ereditare alcun gene difettoso ed essere, quindi, del tutto sano. Fortunatamente una coppia alla ricerca di un bambino può, al giorno d’oggi, sapere in anticipo se si è portatori sani, sottoponendosi a uno specifico esame del sangue.

Con la celocentesi si può sapere se il nascituro avrà la talassemia

Le coppie portatrici sane possono poi conoscere la salute del feto attraverso alcuni test di diagnosi prenatale. Oltre alle tecniche tradizionali di villocentesi e amniocentesi, da qualche anno si è aggiunta una terza opzione, meno invasiva ma altrettanto efficace: la celocentesi.

«In seguito a uno studio condotto dal Presidio Ospedaliero “Vincenzo Cervello” di Palermo e sostenuto interamente dall’Associazione Piera Cutino Onlus, è stato messo a punto questo test che consente di prelevare per via transvaginale, tra la settima e la nona settimana, una piccola quantità di liquido celomatico per capire se il feto è affetto o meno da talassemia» spiega Mangano. Attualmente la struttura siciliana è l’unica, in Europa, a offrire questa procedura, che è erogata dal Servizio sanitario nazionale e ha un’attendibilità diagnostica del 100%.

Come si manifesta la talassemia?

La forma più grave di talassemia, quella major, si presenta con dei sintomi già intorno ai 5-6 mesi di vita. «In questi soggetti i globuli rossi sono pallidi e deformati tanto che la milza, riconoscendone l’aspetto difettoso, li distrugge precocemente. Così facendo, però, il sangue ha pochi globuli rossi e si sviluppa una forma di anemia cronica, che si traduce in spossatezza, colorito pallido, inappetenza, febbricola e ingiallimento della pelle e degli occhi» continua il rappresentante della Fondazione.

«Ogni globulo rosso distrutto, inoltre, rilascia nel sangue una piccola quantità di ferro che a lungo andare si deposita nel pancreas, nel fegato e nel cuore, adducendo danni progressivi a questi organi. La milza si ingrossa in maniera anomala e l’attività del midollo osseo causa problemi al sistema osteo-articolare».

Le trasfusioni di sangue e la terapia ferrochelante

Tuttavia, grazie all’evoluzione delle terapie, la storia della patologia ha subito una significativa trasformazione nel corso degli anni. «Fino a trent’anni fa i pazienti non superavano quasi mai i 20-25 anni di vita, trascorsi peraltro tra mille difficoltà. Oggi, invece, un bambino con talassemia ha una prognosi aperta, cioè può vivere a lungo e in buone condizioni di salute, può studiare, lavorare e mettere al mondo dei figli» conferma Mangano.

Ciò che nel corso del tempo ha contribuito nettamente a migliorare la qualità della vita del talassemico e ad aumentarne la sopravvivenza sono sicuramente le trasfusioni, che vengono fatte ogni 15-20 giorni. L’obiettivo è immettere nel sangue nuovi globuli rossi, per prevenire l’anemia e tutti gli altri disturbi.

«Anche con le trasfusioni, però, si verifica il problema dell’accumulo di ferro, rilasciato nel circolo sanguigno da ogni globulo rosso eliminato. Per evitare che si depositi in diversi organi, il paziente può seguire, in associazione alle trasfusioni, una terapia con farmaci ferrochelanti. Esistono diverse molecole che sono in grado di legare il ferro in eccesso ed eliminarlo, in modo da mantenere i suoi livelli nel sangue al di sotto della soglia di tossicità» conferma l’esperto.

Il trapianto di midollo osseo

Esistono anche altre soluzioni terapeutiche. La prima è rappresentata dal trapianto di midollo osseo. «Questa procedura consiste nella sostituzione delle cellule staminali del talassemico con quelle prelevate dal midollo osseo di un donatore compatibile. Dopo essere state trasfuse nel paziente, le cellule staminali iniziano a produrre nuovi globuli rossi che man mano sostituiscono quelli difettosi. Purtroppo, questa terapia è condizionata non solo dalla disponibilità di un donatore compatibile ma anche da una serie di rischi, come ad esempio il rigetto delle cellule trapiantate da parte dell’organismo. Pertanto, solitamente si preferisce optare per le trasfusioni di sangue e le terapie ferrochelanti» spiega il dottor Mangano.

La terapia genica

L’altro approccio terapeutico è infine rappresentato dalla terapia genica. «Si tratta di una procedura che consiste nel prelievo di cellule staminali dal midollo del paziente. Queste poi vengono portate in laboratorio e modificate inserendo al loro interno un gene sano, che va a sostituire quello difettoso. Queste cellule poi vengono nuovamente immesse nel midollo osseo del talassemico, dove man mano attecchiscono e iniziano a produrre globuli rossi sani» conclude Sergio Mangano.

Nel febbraio 2024 la Commissione Europea ha concesso l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata per exagamglogene autotemcel (exa-cel), una terapia di editing genomico basata su tecnologia CRISPR/Cas9. Il farmaco è approvato per il trattamento di pazienti di età pari o superiore a 12 anni affetti da beta talassemia dipendente da trasfusioni. Questa terapia prevede la modifica genetica di cellule staminali ematopoietiche prelevate dal paziente stesso. Una volta reinfuse, queste cellule permettono la produzione di alti livelli di emoglobina fetale (HbF) nei globuli rossi, contrastando le principali conseguenze della beta talassemia trasfusione-dipendente.

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